Il termine lombalgia non fa riferimento ad una diagnosi, bensí ad un’entità clinica caratterizzata da dolore nella parte lombare della colonna, indipendentemnete dalla causa che lo ha determinato.
È un sintomo estremamente comune, tanto da interessare fino al 75% della popolazione adulta.
Il dolore può essere limitato al segmento lombare della colonna o irradiarsi lungo il decorso dei tronchi nervosi e si parlerà di lombalgie semplici, lombocruralgie e lombosciatalgie.
La lombalgia può essere:
- Acuta, di durata inferiore a 7 giorni;
- Recidivante, con più episodi in un periodo massimo di 6 messi;
- Cronica, se supera i 6 mesi.
Le strutture che compongono una vertebra, quali, capsula articolare, anulus, ligamenti, tendini, entesi, guaine muscolarirappresentano possibili sedi di origine del dolore lombare, essendo provviste di recettori dolorifici ovvero i nocicettori. Queste strutture altamente specializzate possono essere attivate da stress meccanici anomali e da stimoli di natura chimica.
Gli stimoli dolorifici a partenza dai nocicettori della colonna vertebrale, danno spesso origine a un dolore di tipo riferito, ovvero localizzato ma senza una precisa corrispondenza con la struttura interessata. Il tipo più frequente di dolore è quello somatico localizzato, dovuto a lesione di una struttura somatica superficiale. È infine possibile l’evenienza di un dolore irradiato, provocato da un processo patologico a livello della radice nervosa o del nervo periferico.
Quali sono le possibili cause?
I possibili meccanismi in grado di determinare dolore a livello delle strutture lombari sono molteplici: microfratture e fratture dei corpi vertebrali, riduzione dello spazio discale, lesioni degenerative e infiammatorie delle articolazioni interapofisarie posteriori, stiramenti, contratture, sovraccarico meccanico..
Il dolore lombare si può schematicamente suddividere in meccanico o infiammatorio. Il dolore evocato da stress meccanici è generalmente in rapporto ad alterazioni dell’architettura articolare.
In relazione alla sede di origine, si distingue in rachideo ed extrarachideo.
Come trattarlo?
Diversi studi clinici solo raramente hanno potuto dimostrare una superiorità dei trattamenti convenzionali, rispetto al placebo. Si registrano infatti risultati deludenti.
In linea generale, nei casi acuti la terapia di scelta è ancora oggi il riposo. Ma, il riposo assoluto a letto non accorcia i tempi di guarigione, bensì li allunga. Infatti, viene raccomandato solo per uno o due giorni, dopo di che si invita il soggetto a riprendere le sue normali attività, a meno che non deve svolgere lavori gravosi.
Nelle forme acute, è utile l’impiego di corsetti e della chiroterapia. In quelle croniche, si può ricorrere, oltre ai FANS, a varie modalità di fisioterapia.
Resta sempre di fondamentale importanza, l’apprendimento di una corretta igiene vertebrale, evitando atteggiamenti scorretti, correggendo eventuali alterazioni posturali e permettendo una migliore dinamica del rachide attraverso il rinforzo dello stesso.
È sempre bene fare un’attività di prevenzione con esercizi di rinforzo, ancor prima di arrivare al dolore lombare.
Riferimenti bibliografici
Tedesco S., Gambari, P.F., Punzi L. – Malattia Reumatiche, McGraw-Hill – 2007;
A cura di
Dott.ssa Marta Doria e Dott. Gianmaria Celia
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