Dopo diversi mesi di stop dei vari campionati, in ogni angolo del mondo stanno ripartendo le competizioni calcistiche e,a fare da apripista, sono stati i giocatori della massima serie (League K) della Corea del Sud. La strategia di questo Paese, nella gestione della pandemia, è risultata efficacie ed è diventata un vero e proprio modello da seguire, non solo per i test sierologici e per il tracciamento degli individui tramite app, ma anche per il protocollo da adottare per la ripartenza del campionato di calcio: a porte chiuse e senza pubblico e tifosi.
Questa modalità di gioco è da sempre considerata un’opzione secondaria e anche se può risultare del tutto estranea al mondo sportivo, in particolare nel calcio, non lo è. In passato, infatti, si è giocato spesso a porte chiuse ma solo singole partite o per brevissimi periodi.
Nel 2018, Inghilterra-Croazia venne giocata a porte chiuse, a seguito del provvedimento preso dalla UEFA per l’esibizione di una svastica durante una partita nel 2015 da parte dei tifosi croati.
Nel 2009, in Messico, a causa del rischio contagio da “influenza suina” (H1N1), le ultime partite del campionato furono giocate senza pubblico nelle città in cui si stava diffondendo il virus. Nel 2007, in Italia, dopo la tragica morte dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti, durante gli scontri per il derby Catania-Palermo, si decise di sospendere il campionato per poi riprenderlo con un turno a porte chiuse e le successive partite del Catania furono giocate in campo neutro e senza tifosi.
Tornando ai giorni nostri, per quanto tempo si giocherĂ a porte chiuse?
Secondo l’ultima dichiarazione della UEFA, si proseguirà giocando a porte chiuse, almeno fino a quando non ci sarà un vaccino per il Covid-19, ma per il momento nulla è certo. Se nel breve periodo, giocare a porte chiuse scongiura il fallimento del club, nel lungo periodo, non è una strategia sostenibile. Ad affermarlo, è la ricerca dell’Economist,
secondo cui l’assenza del pubblico comporterà una crisi a cascata; i ricavi, continueranno a diminuire e si avrà una perdita del 5-8% del fatturato. Giocare senza spettatori, potrebbe portare, nel lungo periodo, al fallimento delle piccole leghe o dei cosiddetti sport minori e gli unici che resisteranno, saranno a stento le grandi realtà sportive.
La maggior parte degli sport vive grazie a tre principali fonti di revenue: biglietti e merchandising, diritti televisivi e sponsorizzazioni. La mancanza dei tifosi eliminerà le entrate giornaliere, basti pensare all’acquisto del biglietto o di un gadget, ai bicchieri di birra o coca-cola e snack acquistati durante l’intervallo.
Ancora da chiarire, invece, la piega che prenderà il business dei diritti televisivi: non è esclusa l’ipotesi, secondo il Ministro Spadafora, di una possibile modifica alla Legge Melandri.
I contratti da sponsorship, infine, potrebbero essere i più sicuri perchè nel breve termine, non incideranno drasticamente ma, nel medio lungo periodo, se la situazione che stiamo vivendo dovesse protrarsi, andrebbero certamente a influire e accentuare la crisi. Secondo GlobalData, il numero di nuovi accordi di sponsorizzazione, annunciati nei primi mesi del 2020, è diminuito del 26% rispetto al 2019.
Molti degli incassi, si basano sulle prestazioni dei team che possono vacillare a causa dell’assenza del pubblico, i giocatori possono non rispecchiare quello che è il loro potenziale, considerando anche i diversi mesi di stop. Per ovviare all’assenza del pubblico e simularne la presenza, sono state trovate alcune soluzioni creative come per esempio lo “Sky Virtual Audio“.
Di seguito, alcuni esperimenti di pubblico virtuale applicati. E voi, cosa ne pensate?
A cura di
Dott.ssa Annapaola Biondo e Dott.ssa Nunzia Spaltro
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