Il fattore che differenzia un arbitro da un altro è la categoria dove esso opera, in base alla quale viene seguito un certo tipo di allenamento piuttosto che un altro. In serie A e B il gruppo arbitrale è più ristretto e c’è la possibilità di incontrarsi anche una volta ogni 2 settimane.

L’arbitro non ha il fascino e la considerazione mediatica del giocatore di calcio e spesso anche le scienze sportive hanno prestato più attenzione al giocatore che all’arbitro il quale, al contrario, ha un ruolo complesso e determinante nel risultato generale della gara e di grande responsabilità.
Gli arbitri di serie A, nel corso di una partita, percorrono fra gli 11 e i 13 km.


Una caratteristica che deve avere un arbitro di calcio è quella di saper leggere la gara e di riuscire a risolvere, più velocemente possibile, tutti i problemi che gli si presenteranno nell’arco dei 90 minuti. Fondamentale è mantenere sempre la posizione più corretta possibile per decidere su ogni episodio.
Un arbitro vicino all’azione aumenterà la propria credibilità, diminuiranno i suoi errori e di conseguenza le proteste.

I primi direttori di gara non potevano essere considerati atleti. Erano più che altro figure di riferimento della società, come dottori, avvocati, addirittura sindaci delle città. L’AIA stessa si forma nel 1911, 14 anni dopo il primo campionato di calcio ufficiale.

Con il passare degli anni l’aumento dell’atletismo nel campionato di calcio ha portato ad un maggior bisogno di allenamento anche per i direttori di gara. Dagli anni ’80 si iniziano ad effettuare controlli sulle qualità fisiche degli arbitri, inizialmente solo a quelli d’élite. Con l’avanzare del tempo e con l’evoluzione sempre costante del livello dei calciatori, i test fisici diventano obbligatori per gli arbitri di qualsiasi livello.
Nelle categorie più alte si riesce ad effettuare un controllo periodico sulle qualità atletiche di ogni singolo arbitro, in modo da essere sempre sicuri della prontezza fisica di ognuno, garanzia di buoni risultati in campo.

Quali test si svolgono?

Gli stessi test si sono evoluti: il primo ad essere adottato è stato il test di Cooper, trasformatosi in 3000m a metà degli anni ’90.
All’arbitro era richiesta grande resistenza per arrivare in fondo alla partita.
Da qualche stagione, nei professionisti, questo test è stato sostituito dallo Yoyo intermittent recovery test. Si passa dunque a testare più che altro la resistenza allo scatto e alla velocità, caratteristica principale che deve possedere l’arbitro moderno. Per gli arbitri internazionali è invece previsto il FIFA TEST, un circuito di 12 giri formato da scatti e recuperi in serie.

L’allenamento si è dunque evoluto passando da generale a specifico: fino a qualche anno fa era valutata la quantità di corsa, adesso l’importanza verte sulla qualità di essa.

Periodo di preparazione estiva precampionato

È il periodo che permette di costruire le basi funzionali necessarie per la realizzazione del volume di lavoro specifico finalizzato alla preparazione diretta del sistema motorio per una efficace attività di gara. Si perfezionano le abitudini motorie e le qualità fisiche dell’arbitro. Questa fase si divide in 2 parti fondamentali:

  • La tappa di preparazione generale;
  • La tappa di preparazione speciale.

Non ci deve essere una distinzione troppo netta fra questi 2 periodi: la convinzione che nel primo si debba allenare esclusivamente la forma fisica generale e nel secondo concentrarsi solo sugli esercizi specifici è sbagliata a causa della mancata attenzione all’armonia tra le 2 preparazioni che si deve garantire nel programmare le 2 tappe.

Nell’allenamento moderno, fin dai primi giorni di preparazione estiva, si creano i presupposti e i prerequisiti per l’allenamento speciale e, una volta giunti nella seconda tappa, non si trascurano gli esercizi di preparazione generale.
Tuttavia, la preparazione iniziale verterà principalmente verso un lavoro di tipo aerobico, con l’inserimento, dopo qualche settimana, di esercizi più specifici con struttura diversa rispetto a quelli di gara considerato che l’obiettivo principe non è lo sviluppo delle qualità speciali e complesse, ma il miglioramento dei fattori che ne sono alla base.

Ma durante il campionato, cosa succede?

Gli obiettivi principali del periodo di gara sono il mantenimento, e il successivo aumento, del livello di preparazione speciale precedentemente raggiunto e la massima realizzazione di questo in partita.

L’allenamento, nel periodo agonistico, deve organizzare una ritmizzazione tra carico e recupero in vista della gara da dirigere: in ogni microciclo settimanale è bene evitare quei carichi che non possono essere compensati adeguatamente prima della partita.

L’organizzazione degli allenamenti all’interno della settimana cambia a seconda della data della gara: se la domenica non ci sono impegni agonistici, il mercoledì ed il venerdì vanno dedicati al carico massimale, approfittando del riposo nel finesettimana.
Una settimana in mezzo a 2 partite va affrontata in maniera diversa fin dal lunedì, dedicato al riposo o al recupero attivo. Il martedì (ed eventualmente il giovedì) trovano spazio esercizi di resistenza generale, in poche ripetizioni, alternati da mobilizzazione articolare generale e allungamento dei muscoli. Il mercoledì è il giorno dell’apice di carico, la seduta più intensa, incentrata sulla resistenza specifica e sulla resistenza alla velocità, con esercizi di gara e speciali. In caso di partita il sabato il programma rimane invariato, scorre solo indietro di un giorno.

Quindi, cari lettori, da oggi quando vediamo un arbitro, cerchiamo di capire che è un professionista il quale sta facendo il proprio lavoro, proprio come i giocatori in campo. L’errore fa parte del gioco, proprio come i giocatori sbagliano passaggi o rigori, anche l’arbitro può sbagliare!

Riferimenti bibliografici
Platonov V.N. – L’organizzazione dell’Allenamento e dell’Attività di Gara – 2004;

Castagna C. et al. – Physiological Aspects of Soccer Refereeing Performance and Training, Sports Medicine – 2007;

Mohr M. – Fatigue Development in Soccer With Reference to Intense Intermittent Exercise – Thesis of University of Copenaghen – 2008;

A cura di
Dott. Gianmaria Celia e Dott.ssa Marta Doria

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