Sono passati circa tre mesi da quando l’Italia è entrata nella cosiddetta fase di lockdown: tra le tante limitazioni imposte per fronteggiare l’emergenza Covid-19, vi sono state le sospensioni di tutte le manifestazioni sportive a livello nazionale e internazionale. In questo lasso di tempo, secondo la ricerca Endu-Nielsen Sports, in Italia sono stati annullati circa 1.900 eventi sportivi e il mancato incasso per ogni evento annullato, è stato di circa 200 mila euro. A livello nazionale, il danno economico generato dalla pandemia oscilla tra i 475 e 535 milioni di euro. All’interno di questo scenario sono stati coinvolti anche grandi eventi internazionali come ad esempio gli Euro 2020 e i Giochi Olimpici 2020 – rinviati entrambi al prossimo anno.
Da qualche tempo, al centro del dibattito sportivo, c’è la “battaglia” della FGCI per la ripartenza dei campionati: se da un lato alcune federazioni, come la FIP o la FIPAV, hanno deciso di dichiarare concluso l’anno sportivo, dall’altro lato, invece, la FGCI si è battuta per la ripresa dei campionati.
Quali sono le motivazioni che hanno spinto la Federazione Italiana Giuoco Calcio a battersi per la ripartenza dei campionati?
Innanzitutto, è necessario affermare che il calcio non è soltanto uno sport, ma è un business; tra commercio, manifattura e servizi sportivi, dà lavoro a circa 40 mila aziende e a poco meno di un centinaio di migliaia di persone (in Italia). Secondo l’ultimo Report Calcio redatto dal Centro Studi FIGC in collaborazione con AREL e PwC, il peso economico del Sistema Calcio a livello professionistico continua a crescere e il fatturato totale, comprese anche le leghe, i campionati giovanili e quelli dilettantistici, è di 4.7 miliardi di euro. Ciò, fotografa esattamente la situazione aziendale in Italia: il calcio rientra nella top 10 delle industrie nazionali e impatta per il 12% sul PIL del calcio mondiale.
Lo studio stilato da Deloitte ha stimato l’impatto del coronavirus sul massimo campionato Italiano di calcio: in caso di stop definitivo (ipotesi per ora scongiurata) i milioni “persi” sarebbero 720, invece, nell’ipotesi in cui si riuscisse a portare a termine la stagione, le perdite si fermerebbero a 170; a questi, però, andrebbero aggiunti anche i cosiddetti danni “indiretti” con i quali si supererebbe il miliardo di euro.
Perché creare polemica volendo ripartire a tutti costi dal momento che il calcio ha un indotto economico elevato?
La risposta a questa domanda non è univoca e soprattutto non è semplice.Nei bilanci della FIGC, per esempio, è riportato nero su bianco che l’indebitamento aggregato dei club ha raggiunto i 4.27 miliardi di euro, di cui 3.9 solo in Serie A. Parafrasando: i debiti superano i ricavi. Solitamente, i ricavi derivano per il 50 o 60%, dai diritti televisivi e non è un caso, infatti, che le pressioni per la ripartenza del calcio, siano state sempre più incalzanti e insistenti successivamente all’annuncio di Sky, Dazn e Img, di una richiesta di risarcimento danni per la mancata trasmissione delle partite, poiché le stesse, saranno costrette a pagare ugualmente l’ultima tranche della stagione calcistica 2019/2020. Inoltre, hanno avanzato la richiesta di uno sconto sul prossimo campionato: 210 milioni di euro, se la stagione in corso verrà portata a termine o 440 milioni di euro se non verrà conclusa.
Uno stop definitivo del campionato calcistico -in particolare la serie A-, essendo “il motore” dello sport italiano, potrebbe far crollare tutto il sistema sportivo con gravi conseguenze sulle piccole Federazioni che si stanno riorganizzando per i Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Le conseguenze, dunque, sarebbero dannose perché manderebbero in fumo i circa 322 milioni di tasse che la Serie A paga allo Stato, 110 dei quali destinati alle piccole Federazioni e inoltre, verrebbero persi i 45 milioni di mutualità versati dalla Serie A al calcio minore.
Ecco così sintetizzate alcune delle ragioni che hanno causato le così tante pressioni per la ripartenza del campionato calcistico che avverrà il 20 giugno, in seguito al punto di convergenza raggiunto tra FGCI e Ministero dello Sport.
Sicuramente, assisteremo a una fine di campionato molto particolare e possiamo affermare, già da adesso, che la ripartenza non sarà delle più rosee dal momento che le partite si disputeranno a porte chiuse e una delle voci più importanti degli introiti verrà meno: il ticketing. L’assenza di pubblico renderà il calcio, non solo più impoverito in termini di spettacolo, ma porterà con sé delle conseguenze che si ripercuoteranno su altri aspetti non di poco conto negli eventi sportivi, ovvero, gli sponsor. Molti di essi stanno pensando di ricontrattare la cifra stabilita nel contratto di sponsorship, altri, addirittura, vista l’incertezza futura e di un possibile nuovo lockdown in autunno, di non rinnovare l’accordo per la prossima stagione.
Detto ciò, visto che dalle sorti del calcio dipende, in una buona parte, tutto il futuro dello sport italiano, per ora possiamo solo sperare che il sistema regga, soprattutto perché il nostro Paese sta cercando di uscire da un periodo storico devastante e come asserito da Fabio Paratici, direttore sportivo della Juventus, in questi mesi la sfida sarà essere “elastici e creativi”.
A cura di
Dott.ssa Annapaola Biondo e Dott.ssa Nunzia Spaltro
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