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Un “passo falso” mentre passeggiavi, un movimento inconsulto durante una partita di calcetto, uno scatto per prendere il tram al volo. Ed ecco che si è manifestato un dolore acuto alla caviglia, un dolore che ti ha tolto il respiro.


Anatomia caviglia

Nella caviglia abbiamo 3 ossa che nel loro insieme compongono questo complesso articolare in cui possiamo individuare 3 articolazioni che sono:

  1. Diartrosi tibio-tarsica tra tibia e astragalo che è quella principale. Le strutture che la stabilizzano si distinguono in tre componenti: quello principale è costituito dalla membrana interossea e dai legamenti tibio peroneale anteriore e posteriore che provengono l’allontanamento reciproco dei due malleoli stabilizzando l’astragalo. Il compartimento esterno ed interno sono stabilizzati rispettivamente dal legamento deltoide o e dal legamento di Rouvière;
  2. Diartrosi sottoastragalica o astragalo-calcaneare: sottoastragalica perché funzionalmente questa articolazione non ha un’attività è un movimento autonomo noi non possiamo muovere volontariamente il calcagno rispetto all’ astragalo se non muovendo anche l’astragalo rispetto alla tibia;
  3. Sindesmositibio-peroneale: è da considerare un’articolazione falsa ma comunque dotata di un vero e proprio movimento che è la giunzione tra tibia e perone. La tibia e il perone camminano paralleli tra di loro ma prossimalmente e distalmente giungono a contatto.

In Italia si stimano circa 50.000 traumi distorsivi alla caviglia al giorno, questo significa che è uno dei traumi più comuni negli sport e nelle attività ricreative. La distorsione alla caviglia è il più frequente trauma muscolo-scheletrico dell’arto inferiore. Gli sport dove questo trauma è più frequente, in ordine crescente, sono: pallavolo (56%), basket (55%), calcio (51%) e la corsa di resistenza (40%). Nella distorsione alla caviglia quasi sempre rimane un dolore residuo abbastanza significativo che comporta una limitazione funzionale.

L’evento traumatico può portare, nella caviglia di un’atleta, ad una patologia articolare, suddivisa in 2 quadri:

  1. Quello della lassità, con lesioni capsulari, distensioni e lacerazioni del comparto legamentoso laterale e mediale della tibiotarsica e della sottoastragalica, che determinano una escursione articolare oltre i limiti fisiologici;
  2. Quello dell’instabilità, che l’atleta avverte come un segno di cedimento articolare durante il gesto sportivo ed anatomopatologicamente obiettivabile in una rottura più o meno totale dei legamenti.

Classificazione delle distorsioni

  • Grado 0: tilt astragalico inferiore a 8°, non rotture legamentose;
  • Grado 1: tilt astragalico (10°-20°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore;
  • Grado 2: tilt astragalico (20°-30°), rottura legamento peroneo- astragalico anteriore e peroneo calcaneare;
  • Grado 3: tilt astragalico superiore a 30°, rottura di tre legamenti.

Diagnostica clinica e strumentale

La diagnosi di distorsione è clinica. Nei casi acuti si esegue Rx in due proiezioni per escludere fratture, nei casi cronici per valutarne gli esiti, ovvero per evidenziare lesioni osteocondrali secondarie. La RMN (Risonanza Magnetica Nucleare) permette sia in acuto che in cronico di individuare lesioni legamentose e eventuali lesioni osteocondrali dell’astragalo. In proiezione laterale si effettua il test del cassetto anteriore, giudicato positivo qualora si evidenzi una traslazione dell’astragalo maggiore 7mm.

Il trattamento conservativo

È diviso in 3 fasi: AcutaSub-acutaDi Rieducazione Funzionale.

Fase acuta

Il protocollo più accreditato per le lesioni acute è il P.R.I.C.E. (Protection Rest Ice Compression Elevation). In fase acuta gli obiettivi sono:

  • L’immobilizzazione;
  • Diminuzione degli “irritanti chimici” che causano dolore e favoriscono la “stasi tissutale” (ovvero l’edema);
  • La prevenzione di ulteriori sollecitazioni meccaniche della struttura lesa.

Fase subacuta

In fase sub-acuta lo scopo del trattamento è quello di sottoporre il tessuto leso ad una serie di sollecitazioni meccaniche, utili per promuovere l’orientamento fisiologico delle fibre collagene. Gli obbiettivi in questa fase sono:

  • L’eliminazione del dolore;
  • Il recupero della particolarità;
  • L’eliminazione dello spasmo muscolare;
  • L’eliminazione dell’edema;
  • Il recupero della forza muscolare.

Per raggiungere questi obbiettivi si utilizzano massaggi, terapie fisiche, tecniche di mobilizzazione e la cinesiterapia.

Fase di rieducazione funzionale

Nella fase di rieducazione funzionale si mira al:

  • Recupero della propriocettività;
  • Recupero della forza;
  • Prevenzione delle recidive.

Il bendaggio funzionale o taping elastico

Questo previene l’insorgere di ricadute o recidive quando si riprende l’attività motoria; evita i danni di una prolungata immobilizzazione o inattività funzionale; riduce i tempi di recupero, riattiva il flusso ematico.

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Riferimenti Bibliografici
Ventura A. – Traumatologia dello Sport – 1996;

Grassi A.F., et al – Manuale di Ortopedia e traumatologia – 2012;

A cura di
Dott. Pasquale Provenzano

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