Allentare le restrizioni quando l’incidenza delle infezioni da Covid-19 è ancora alta può portare rapidamente a un nuovo picco dei casi e quindi dei ricoveri, anche se l’Rt è inferiore a 1. A sostenerlo uno studio sui dati della ‘prima ondata’ dell’epidemia, dei ricercatori di Fondazione Bruno Kessler (FBK), Istituto superiore di sanità (Iss) e Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro (Inail), appena pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States (Pnas).

La stima del rischio


Nella ricerca è stato usato un modello di trasmissione del virus per stimare l’impatto di diverse strategie per contrastarlo, introducendo anche la stima del rischio nei diversi settori produttivi in maniera innovativa. I risultati sono stati utilizzati per definire i possibili scenari a seguito delle riaperture della fase 2 e per definire i possibili scenari e interventi nella fase autunnale. Per quanto riguarda la tempistica con cui vengono riattivati i contatti sociali, la ricerca mette in evidenza che un anticipo prematuro delle riaperture può incidere notevolmente sull’andamento dell’epidemia.

Diversi scenari

Le stime hanno preso in esame gli interventi effettivamente attuati e sono state confrontate con 18 scenari volti a mostrare ciò che sarebbe accaduto in circostanze diverse. Anticipare al 20 aprile la fine del lockdown avvenuta il 18 maggio, ad esempio, avrebbe potuto generare un incremento di circa il 500% dei ricoveri rispetto a quelle osservati da maggio fino a fine settembre. Dall’analisi è emerso che Rt minore di 1 è necessario per permettere margine di azione dopo il rilascio delle restrizioni, mentre la bassa incidenza è invece una condizione indispensabile per mantenere il livello dei casi, e quindi di ospedalizzazioni e decessi, approssimativamente costante dopo che l’indice Rt ritorna a valori vicini a 1 a seguito delle riaperture.

L’Rt

Questo, ad esempio, è avvenuto l’estate scorsa: l’Rt a livello nazionale è stato stimato a circa 3 a febbraio, è poi sceso sostanzialmente sotto 1 nel giro di due settimane a seguito del lockdown imposto l’11 marzo ed è poi ricresciuto a valori vicini e anche leggermente superiori a 1 a seguito delle riaperture del 18 maggio. “L’incidenza deve essere sufficientemente bassa da poter essere gestita dai sistemi di prevenzione con l’isolamento dei casi e la quarantena dei contatti. Basandosi sul periodo in cui i servizi di prevenzione hanno cominciato ad andare in sofferenza a causa dell’aumento di incidenza di casi durante la seconda onda, questa incidenza dovrebbe essere inferiore a circa 50 casi settimanali ogni 100000 abitanti“, spiega Stefano Merler, ricercatore FBK. “La ricerca rivela che il potenziale di trasmissione di Covid-19 è ancora altissimo e suggerisce estrema cautela nella scelta dei contatti sociali che vengono riattivati e nella tempistica di riattivazione degli stessi”.

Le restrizioni da allentare

Dalla ricerca emerge inoltre che la riapertura delle scuole superiori dopo il primo lockdown, che invece è stata posticipata a settembre, potrebbe aver comportato un marcato aumento del carico di malattia. Lo studio elenca quali sono le restrizioni allentare per prime per contrastare l’epidemia. I contatti nel mondo del lavoro, escludendo i servizi essenziali come la Sanità che possono essere ad alto rischio ma non possono essere sospesi, potrebbero non incidere molto sulla trasmissione del virus. È comunque importante, ricordano i ricercatori, favorire il più possibile lo smartworking, dove possibile.

Le scuole

Inoltre, la riapertura delle scuole dagli asili fino alle scuole medie potrebbe avere un impatto limitato sulla diffusione del coronavirus a causa della minor suscettibilità all’infezione dei bambini e ragazzi fino a circa 14 anni di età. Infine, i ricercatori concludono che riattivare quasi completamente i contatti sociali e le scuole di ogni ordine e grado, come avvenuto a settembre, può risultare in un’onda epidemica non contenibile senza severe misure restrittive. Ma l’analisi non permette di distinguere tra infezione trasmessa all’interno degli edifici scolastici e infezione trasmessa durante le attività peri-scolastiche (es. trasporti, possibili assembramenti fuori degli edifici scolastici, attività extra-scolastiche).

FONTE: La Repubblica

A cura di
Redazione

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