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In fisiologia la distinzione tra fibre bianche e fibre rosse deriva dalla correlazione tra il colore della cellula muscolare e la sua rapidità di contrazione. I “muscoli bianchi” sono prevalentemente glicolitici, quindi più veloci ma meno resistenti di quelli rossi; viceversa, i muscoli rossi sono più “efficienti” (minore forza e maggiore economia nello sforzo) ma, dal punto di vista energetico, meno “efficaci” nella contrazione.


Tutti i muscoli contengono una percentuale di fibre bianche e rosse, pertanto, la loro funzione non è mai totalmente di forza o di resistenza; inoltre, paragonando fra loro i vari distretti ed i rispettivi tessuti, è anche possibile osservare una certa eterogeneità nella composizione specifica delle fibre. Questa caratteristica è determinata dalla funzione del muscolo in questione (ad esempio, l’ileopsoas non svolge un lavoro paragonabile a quello del pettorale) ed è influenzata dalla predisposizione soggettiva nonché dall’esercizio fisico.

Le fibre muscolari si possono suddividere in 3 categorie:

  • Fibre rosse (tipo I) a contrazione lenta;
  • Fibre bianche (tipo IIb) a contrazione rapida;
  • Fibre intermedie (tipo IIa) che sono considerate delle fibre intermedie tra le bianche e le rosse.

Che caratteristiche hanno le fibre bianche?

Le fibre bianche sono unità funzionali del muscolo scheletrico che trasformano l’energia chimica dei legami presenti nell’adenosin-trifosfato (ATP) in energia cinetica/meccanica.

Le fibre bianche comprendono sia quelle glicolitiche (IIB) che quelle intermedie (IIA), ma queste ultime (che necessitano una descrizione più ampia ed approfondita) verranno trattate accuratamente in un articolo dedicato. La colorazione chiara è data da una scarsa presenza della mioglobina e da una minor irrorazione sanguigna dovuta ad un letto capillare meno esteso. In generale, le caratteristiche sono opposte alle fibre rosse, ovvero:

  • Minor numero di mitocondri;
  • Elevate quantità di glicogeno utilizzabile velocemente come fonte di energia;
  • Dimensioni maggiori;
  • Metabolismo di tipo anaerobico alattacido e glicolico;
  • Conduzione veloce dell’impulso nervoso grazie a motoneuroni di grosse dimensioni.

È dunque appurato che, rispetto a quelle rosse, le fibre bianche presentano una maggior velocità di contrazione e sfruttano prevalentemente la glicolisi anaerobica (dal glicogeno di riserva). In realtà, le fibre bianche sono in grado di catabolizzare efficacemente anche il Creatin Fosfato sfruttando appieno la via anaerobica alattacida seppur per una manciata di secondi all’inizio dello sforzo. Se ne evince che, oltre alle suddette differenze strutturali, le fibre bianche risultano più adatte a sforzi veloci ed intensi piuttosto che lunghi e moderati.

I muscoli che contengono più fibre bianche rispetto a quelle rosse sono quelli che svolgono prevalentemente rapide contrazioni, a discapito della resistenza ma a vantaggio della tensione prodotta (forza pura); fanno parte di questa categoria i grossi muscoli (gran pettorale) del dorso (gran dorsale), delle braccia (tricipiti) e delle gambe (come il vasto mediale, il retto femorale ed il soleo).

Allenamento delle fibre bianche

L’allenamento delle fibre bianche si deve concentrare sullo sviluppo della forza e della velocità contrattili. Il tipo di allenamento specifico varia in base alla disciplina ma, in virtù della correlazione tra forza e velocità, la tecnica di preparazione generale più utilizzata è quella dei “sovraccarichi“.
L’allenamento delle fibre bianche è di tipo anaerobico, lattacido o alattacido. Volendo stimolare la componente alattacida (CP) è indispensabile eseguire serie di “sollevamento pesi” molto brevi (per la forza) o scatti ripetuti. Il recupero deve essere abbondante o quantomeno sufficiente, ed il numero delle serie ponderato al livello di preparazione ed agli obbiettivi.

Al contrario, se l’intento è quello di stimolare il metabolismo lattacido delle fibre bianche (forza resistente di breve durata o resistenza alla velocità), il numero delle serie ed il tempo di esecuzione delle stesse aumentano proporzionalmente al tempo di resistenza richiesto, ed i recuperi dovranno essere calcolati in base al numero delle serie programmate.

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Riferimenti Bibliografici
Pillastrini P., et al – Neurofisiologia del Movimento. Anatomia, Biomeccanica, Chinesiologia, Clinica – 2020;

Martini F.H., et al – Fondamenti di Anatomia e Fisiologia – 2019,

A cura di
Dott.ssa Marta Doria e Dott. Gianmaria Celia

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