Materiali a base di nanotubi di carbonio possono aiutare a riconnettere i neuroni danneggiati nelle lesioni spinali: una collaborazione internazionale di ricercatori della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, dell’Università di Trieste e del Centro de Investigación Cooperativa en Biomateriales CIC biomaGUNE (Spagna) è riuscita a dimostrarlo per la prima volta in modelli animali in vivo, dopo anni di studio in colture cellulari. I risultati della ricerca, pubblicati su PNAS, costituiscono un importante passo avanti per gli studi sulla rigenerazione delle cellule nervose.

Nanotecnologie


Da tempo i due gruppi di ricerca coordinati da Maurizio Prato (Università di Trieste e CIC biomaGUNE) e Laura Ballerini (SISSA) studiano la possibilità di sfruttare biomateriali a base di nanotubi di carbonio per facilitare la comunicazione tra neuroni e favorire la crescita neurale laddove i collegamenti tra cellule nervose siano stati interrotti, per esempio in seguito a traumi o lesioni.

I nanotubi di carbonio rappresentano il materiale più promettente per costituire ponti artificiali tra neuroni danneggiati, perché ricoprono due funzioni fondamentali: possono servire da impalcatura “meccanica” di sostegno per le cellule nervose, ma anche potenziare i loro segnali di comunicazione, favorendo la maturazione di nuove cellule nervose e regolando la formazione delle sinapsi. Per queste ragioni, si pensa possano avere grandi potenzialità nel trattamento delle lesioni spinali, i traumi della colonna vertebrale che possono provocare la perdita del controllo e della sensibilità dei muscoli.

L’equipe di ricercatori aveva già dimostrato gli effetti dell’interazione tra nanotubi di carbonio e neuroni in vitro, nel corso di esperimenti su colture cellulari, ma finora non era chiaro se questi benefici valessero anche sulle fibre neuronali complete di animali ancora in vita.

Nel nuovo studio, il team è riuscito a dimostrare l’efficacia di una sorta di spugna di nanotubi di carbonio intrecciati nel riconnettere le fibre nervose in una serie di animali reduci da lesione spinale. Nell’area danneggiata della colonna vertebrale, l’impianto ha permesso ai neuroni di riconnettersi «e gli animali hanno riacquisito funzionalità, specialmente negli arti inferiori, i più colpiti dalla lesione» spiega Pedro Ramos del CIC biomaGUNE, tra gli autori. Il materiale è inoltre biocompatibile e non ha comportato negli animali alcuna reazione immunitaria avversa.

Secondo Ramos, l’esperimento rappresenta «una speranza in nuovi progressi per un maggiore recupero dalle lesioni spinali di questo tipo, dalle lesioni del nervo ottico o persino da alcune ferite da trauma con perdita di connessioni neurali e interessamento della mobilità di un arto» anche se, precisa, «questo non significa che potremo riparare le lesioni alla colonna vertebrale in uno o due anni di tempo. Siamo molto lontani dal poter trasferire tutto questo sull’uomo, anche se stiamo lavorando nella giusta direzione».

Lo studio descritto è avvenuto infatti in condizioni di laboratorio rigidamente controllate, e sarà ora necessario capire come prevenire possibili effetti collaterali legati alle proprietà fisiche del materiale (come l’elasticità o la compattezza), e quanto le condizioni in cui avviene l’impianto o in cui esso opera influenzino il risultato finale. Occorrerà inoltre assicurarsi che le caratteristiche della spugna e delle sostanze che al suo interno facilitano le comunicazioni neurali siano il più possibile stabili e riproducibili.

Un altro punto da chiarire riguarda il ruolo della plasticità neurale nella riparazione della lesione, se cioè, «siano ripristinate le stesse connessioni presenti prima della lesione o se si stabiliscano nuove connessioni che prima non esistevano, perché il sistema nervoso cerca un’altra via di riconnettersi adattandosi alla nuova situazione».

Soprattutto, bisognerà stabilire in quali condizioni si possano eseguire impianti di questo tipo: nello studio, l’integrazione in nanotubi di carbonio è stata inserita nella fase di lesione acuta, prima che sui neuroni morti o danneggiati si formasse tessuto cicatriziale (la cosiddetta cicatrice gliale, formata da cellule della glia, le cellule immunitarie del sistema nervoso).

FONTE: Focus

A cura di
Redazione

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