La mutazione di un gene che regola i ritmi circadiani (i cicli di 24 ore che scandiscono le fondamentali attività biologiche dell’organismo, come l’alternanza di sonno e veglia o i processi digestivi) favorisce, nei topi, l’auto-somministrazione di cocaina. Lo dimostra uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, che rivela un legame molecolare profondo tra un orologio biologico mal regolato e la predisposizione all’abuso di sostanze.

Che ritmi sregolati e consumo di droghe fossero strettamente collegati era cosa nota: diversi studi hanno dimostrato che l’abuso cronico di sostanze altera i ritmi circadiani, ma anche che la mutazione dei geni che presiedono al nostro orologio biologico può influenzare, per esempio, la sensibilità ad alcuni farmaci. Del resto «i geni circadiani sono espressi in regioni cerebrali che controllano la ricompensa, la motivazione e l’umore» spiega Colleen McClung, tra gli autori del nuovo studio.


I neuroscienziati dell’Università di Pittsburgh hanno studiato gli effetti della mutazione del gene NPAS2, che nei topi regola i cicli sonno-veglia, nella predisposizione al consumo di cocaina. I roditori erano stati addestrati ad autosomministrarsi la sostanza premendo una leva: i topi con il gene mutato hanno mostrato un incremento di consumo, e l’effetto è stato particolarmente evidente nelle femmine – soprattutto nelle ore notturne, un momento di grande attività nella “giornata tipo” dei topi.

Origini profonde

Il modello sperimentale è servito a simulare i meccanismi molecolari alla base della dipendenza da sostanze psicostimolanti nell’uomo. Nelle femmine di topo con il gene NPAS2 mutato, risultava particolarmente attivo lo striato, un’area cerebrale altamente implicata nel circuito della ricompensa, l’insieme di strutture neurali coinvolte nella percezione del piacere, della motivazione e della gratificazione.

Nell’uomo la mutazione analizzata nello studio non si verifica, ma ci sono altre varianti genetiche che hanno effetto sui ritmi circadiani e allo stesso tempo predispongono a malattie psichiatriche, come i disturbi depressivi. Capire come questi geni funzionino potrebbe aiutarci a trattare con maggiore efficacia i disturbi dell’orologio biologico, ma anche a spezzare il circolo vizioso del loro legame con l’abuso di sostanze.

FONTE: Focus

A cura di
Redazione

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