In un periodo storico particolare come quello che stiamo vivendo oggigiorno, e mi riferiscono a questa pandemia mondiale che sembra non volersi calmare, il contatto fisico è diventato un aspetto mancante della quotidianità. Certo se il pensiero va solo verso le persone a noi sconosciute, questa mancanza non si percepisce affatto, anzi. Ma se pensiamo ai nostri affetti più cari, la sensazione che ci assale è quella di sentirsi un po’ sospesi e a volte forse anche soli.
È per questo motivo che ho deciso di scrivere un breve articolo sul rugby e su un elemento che lo contraddistingue da tutti gli altri sport ovvero il contatto fisico, a cui spesso si attribuiscono errate definizioni e pregiudizi.
«Il rugby è uno sport che prevede il contatto fisico. Tutti gli sport che prevedono il contatto fisico hanno la caratteristica d’essere pericolosi. È molto importante che i giocatori giochino in conformità alle Regole di Gioco, e che siano attenti alla loro sicurezza e a quella degli altri. È responsabilità di chi allena o insegna il gioco, assicurare che i giocatori siano preparati in modo che giochino in conformità alle Regole di Gioco ed alle norme di sicurezza.» (Federazione Italiana Rugby 2009, 3).
Il rugby è quindi per definizione uno sport di contatto e di situazione, in cui il contatto fisico è uno strumento di efficacia e non un incidente dettato dalla situazione. Il comportamento dei giocatori è infatti regolato da norme che permettono di mantenere un gioco corretto e leale, in cui il rapporto di collaborazione fra giocatori della stessa squadra e quello d’opposizione fra le due squadre, trovano massima espressione attraverso l’osservazione delle regole e dei principi fondamentali del gioco stesso, portando gli atleti nelle condizioni di considerare le diverse situazioni e le conseguenti soluzioni tattiche. I rugbisti sono così portati a adottare un comportamento consono a valori e principi senza possibilità di scelta, alla cui opposizione segue un eventuale provvedimento da parte dell’arbitro.
Fra le regole fondamentali del rugby spicca quella del placcaggio che si verifica quando il portatore del pallone è messo a terra ed è tenuto a terra da un avversario, movimento effettuabile con la sola possibilità di placcare sotto la linea delle spalle e mai intorno al collo o alla testa dell’avversario o ancora a braccio rigido (tipo di placcaggio effettuato da un giocatore che usa un braccio in modo rigido per colpire un avversario), in quanto considerato gioco pericoloso.
Nasce da qui la capacità di riconoscere e distinguere un gesto tecnico, quale ad esempio il placcaggio, da un’azione male intenzionata e scorretta. Spesso e volentieri infatti il contatto fisico che si viene a creare con il placcaggio viene descritto come selvaggia e scomposta aggressione ma è tutt’altro che questo: è un gesto tecnico di una certa complessità in cui è riassunto lo spirito profondo del gioco.
Il rugby genera atleti che, dentro e fuori dal campo, prima di essere degli sportivi sono persone umanamente responsabili e civili.
I principi che regolano questo sport catturano l’essenza del gioco, regolamentano l’efficacia del comportamento dei giocatori e forniscono linee guida in base alle quali le squadre sviluppano il proprio gioco e realizzano la migliore prestazione.
È per questo che il gioco della palla ovale può vantarsi di essere riuscito a conservare i propri principi, dallo spirito di gioco al fair play al rispetto, definendo un modello comportamentale che gode di un’alta considerazione sia all’interno che all’esterno del mondo del rugby.
Il “Playing Charter” della World Rugby, la federazione internazionale del rugby, include le seguenti dichiarazioni:
“È grazie ad un senso della disciplina, dell’autocontrollo e del rispetto reciproco che lo spirito del rugby è fiorente. Sono queste le qualità, nel contesto di uno sport così fisico come il rugby, che forgiamo lo spirto di cameratismo ed il senso di fair play che determinano il grande successo attuale e la sopravvivenza del nostro sport”. (Tempesta, 2015, 29)
È vero che sono componenti che ritroviamo anche in altri sport ma ciò che differenzia il rugby è il fatto che, non solo questi valori trovano validità assoluta, ma si traferiscono in quelli che sono azioni concrete da parte di tutti i giocatori, allenatori, educatori, arbitri fino ad arrivare agli spettatori. È attendibile anche il pensiero che, a prima vista, il gioco può dare vita ad una serie di contraddizioni, date dal continuo contatto fisico per conquistare la palla durante il gioco, ma tutto è svolto all’interno di limiti in cui i giocatori e gli arbitri devono operare: dal rispetto dei compagni di squadra, degli avversari e degli ufficiali di gara all’ unione delle differenze culturali, geografiche, politiche e religiose..
Spetta a bambini, donne e uomini del mondo della palla ovale proteggere con fermezza la passione, il rispetto, la lealtà, la sana competitività e la fiducia reciproca che caratterizzano il gioco del rugby, preservandoli quindi da tutto ciò che non rientra nell’essenza del codice del rugbista.
A cura di
Maria Paola Scaccia
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