Può capitare di far lezione ad un gruppo di ragazzi in cui è presente qualcuno portatore di disabilità. Ma che cos’è la disabilità

Andiamo con ordine. Innanzitutto, bisogna distinguere tra concetti di disabilitàmenomazione ed handicap:


  • Con disabilità si intende qualsiasi limitazione o perdita nel compiere una determinata azione nel modo o nell’ampiezza considerata normale per un essere umano, quindi si scosta per eccesso o per difetto da ciò che sarebbe normalmente atteso. Le disabilità possono essere di carattere transitorio o permanente, reversibili o irreversibili, progressive o regressive. Possono essere distinte in disabilità fisiche e mentali e possono esistere in relazione ad una menomazione;
  • Con menomazione si intende qualsiasi perdita o anormalità a carico di una struttura o funzione psicologica, fisiologica o anatomica. Può essere transitoria o permanente, e comprende l’esistenza di anomalie o difetti a carico di tessuti o strutture del corpo, anche riguardo le funzioni mentali;
  • Con handicap si intende una situazione di svantaggio relativa ad una menomazione o a una disabilità che limita il ruolo normale di una persona rispetto ad età, sesso e fattori socioculturali. Riguarda la discrepanza tra l’efficienza o lo stato del soggetto e l’aspettativa di ciò in relazione al gruppo di cui fa parte.

Come si vede, spesso questi termini vengono usati come sinonimi, sebbene abbiano significati diversi. Di fatto, una persona può trovarsi in una situazione di handicap senza avere una disabilità o una menomazione (per esempio una partita 2 vs 1); chi ha una menomazione può non sviluppare disabilità in relazione alla sua capacità di compiere un’azione normale; chi è disabile può non sviluppare una situazione di handicap, cioè può non insorgere una condizione di svantaggio che limita il ruolo normale del soggetto. In genere però, chi è portatore di menomazione è probabile sviluppi una disabilità, che lo porta ad essere in situazione di handicap; dipende quindi dal contesto. 

Se dovesse capitare di avere nel gruppo una persona in situazione di handicap, esistono degli aiuti che possono essere forniti dall’educatore, cioè le cosiddette “strategie di facilitazione dell’apprendimento”, suddivise a loro volta in strategie dirette (di facilitazione e di autoregolazione) e strategie orientate al contesto (risorsa compagni e sfondo integratore).

In relazione alle strategie di facilitazione dirette possiamo distinguere:

  • Tecnica di aiuto e regolazione dell’aiuto (prompting e fading): il prompting consiste nel fornire delle indicazioni di aiuto, come possono essere indicazioni verbali e suggerimenti gestuali. Se da un lato può essere uno stimolo importante per l’apprendimento, dall’altro esiste il pericolo che la persona diventi dipendente dall’aiuto e non manifesti il comportamento desiderato se non attraverso l’aiuto; il fading consiste nel togliere progressivamente l’aiuto fornito tramite il prompting, in modo che il comportamento atteso non sia più manifestato in seguito all’aiuto ma in seguito alla richiesta situazionale o ambientale.
  • Tecnica dell’apprendimento imitativo (modelling): il modelling si basa sull’apprendimento per osservazione e consiste nell’evidenziare un comportamento o un’azione corretta tramite l’osservazione di un modello, dipende quindi dalle caratteristiche del modello, dalle caratteristiche dell’osservatore e dalle conseguenze prodotte dal comportamento.
  • Tecniche di modellaggio e concatenamento (shaping e chaining): lo shaping si basa sul rinforzo progressivo di comportamenti che si avvicinano a quello desiderato, permettendo così un ampliamento autonomo del repertorio di capacità ed abilità; il chaining si basa sull’insegnamento di comportamenti complessi basati su successioni di altri comportamenti più facili, si suddivide quindi un’abilità complessa in varie parti e si insegna all’allievo la corretta successione delle stesse.

Per strategia di autoregolazione si intende una serie di strategie atte a rendere l’allievo autonomo nel processo di apprendimento ed è molto indicata soprattutto con soggetti portatori di disabilità mentali come valido aiuto nella loro quotidiana interazione con l’ambiente. Le procedure più usate sono l’autoistruzione e l’automonitoraggio. 

  • L’autoistruzione viene definita come la capacità di un soggetto di auto istruirsi, cioè di fornirsi da solo le istruzioni da osservare. Si è dimostrata una strategia efficace con soggetti affetti da disabilità mentale, poiché migliora la capacità di attenzione e memoria, riduce comportamenti inadeguati ed attenua la dipendenza dall’educatore. Consiste di varie fasi di aiuti, partendo dalla completa dipendenza dall’educatore fino all’indipendenza dai suoi sussidi.
  • L’automonitoraggio prevede che l’allievo annoti su un quaderno la performance di un dato comportamento e la metta in relazione ad un piano di lavoro prestabilito con un riscontro diretto ed immediato (una sorta di autovalutazione). Anche questa strategia è efficace con soggetti con disabilità mentali poiché essi spesso non sono coscienti delle conseguenze positive o negative delle loro azioni.

La risorsa compagni invece è un’ottima risorsa per l’integrazione in ambito scolastico o sociale dell’individuo in situazione di handicap. Si può proseguire attraverso programmi di insegnamento cooperativo o di tutoring, che permettono all’allievo disabile di essere più o meno partecipe e attivo e di essere facilitato attraverso questo contesto nell’apprendimento continuo. Nello specifico, alcuni dei benefici che la risorsa compagni porta sia a soggetti normodotati sia a disabili sono: miglioramento del concetto di sé, miglioramento della capacità di instaurare rapporti interpersonali, minore timore delle differenze e quindi maggiore tolleranza e un miglioramento generale dell’autostima.

Il concetto di sfondo integratore è un po’ complesso ed è stato tema di ricerca di molti pedagogisti, soprattutto durante il ‘900. In pratica, si basa sulla costruzione di una serie di situazioni che possano favorire l’autonoma costruzione di proprie strategie di apprendimento da parte dei ragazzi, una sorta di “deus ex machina” che mette in moto gli eventi. Chi apprende, tende a contestualizzare ciò che ha appreso in relazione ad uno sfondo (un momento, attività o immagine per esempio) e ciò gli consente di differenziare ed attribuire significati alle azioni. Lo scopo è quello di creare uno sfondo che permetta la relazione tra soggetti che apprendono in modo che anche persone in situazione di handicap possano trovare delle strategie che facilitino il loro apprendimento e che si adattino al contesto.

Ricordiamoci che la disabilità non sempre è evidente; bisogna cercare di rendere propria un’elasticità mentale che ci permetta di rompere gli schemi e di trovare la strategia più adatta alla situazione.

Riferimenti bibliografici
Lucio Cottini, Psicomotricità. Valutazione e metodi nell’intervento, Carocci Editore, edizione 2003, 2^ ristampa 2015;

A cura di
Dott. Matteo Tarolli

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