Spesso considerati a sproposito come degli sportivi di serie B, i piloti di Formula 1 subiscono sollecitazioni fisiche e mentali elevatissime. È per questo che il loro modo di allenarsi è cambiato negli anni, fino a diventare una parte integrante del loro lavoro. Un aspetto fondamentale per riuscire a mantenere la massima concentrazione in gara e per ottenere, così, i migliori risultati.

Nel passato, Ayrton Senna abbinava all’efficienza del proprio, magnifico talento, una condizione fisica precaria. Segnata soprattutto dall’enorme dispendio di energie nervose durante la gara. Fu Nuno Cobra, preparatore atletico, votato come Ayrton verso una profonda spiritualità (entrambi legati alla Chiesa Evangelica) a cambiare modi e metodi, abbinando ad un allenamento atletico più moderno, training autogeno, meditazione, yoga.
Questo per andare a ridurre lo stress mentale a vantaggio della prestazione.


Formula Medicine di Viareggio ha trattato in questi anni circa 75 professionisti della F1, elaborando una serie ormai articolata e approfondita di studi: hanno egistrato frequenze cardiache medie anche di 184 battiti per 2 ore di sforzo. Un dato spaventoso.
L’aumento della FC è dovuta principalmente a 2 importanti fattori interni:

  • il primo è direttamente legato al lavoro fisico a cui è sottoposto l’atleta durante la competizione;
  • il secondo è un incremento dell’output (segnale d’uscita) del Sistema Nervoso Autonomo e lo stress ormonale derivato dall’ansia e dalla competizione.

Inoltre, intervengono anche fattori esterni come la velocità elevata, la temperatura ambientale, le vibrazioni della vettura e le manovre compiute dal pilota come accelerazioni, frenate e sterzate.

Secondo Watkins, nelle corse automobilistiche le accelerazioni sono maggiormente antero-posteriori e latero-laterali, possono raggiungere e superare i 4 g in Formula 1, mentre nelle macchine con l’abitacolo chiuso si arriva ad una media che supera i 2 g. Spiegando meglio questa forza mediante alcune cifre, prendiamo il peso della testa con indosso il casco che è approssimativamente 6,5 kg e moltiplichiamo questo valore per una forza di 4 g; ne risulta che il pilota deve essere in grado di sopportare l’equivalente di 26 kg per mantenere la testa dritta ad ogni curva.

In uno studio condotto da Yamakoshi è stata analizzata la possibile influenza della forza G (forza di gravità) sull’attività cardiovascolare in piloti amatori di kart1; sono state misurate forza G, frequenza cardiaca istantanea mediante ECG, pressione sanguigna con sfigmomanometro, temperatura del timpano mediante termometro a radiazione e tempo su giro. È emerso che in tutti i partecipanti durante la guida la frequenza cardiaca si è mantenuta attorno ai 150 bpm e ciò può essere dovuto ad una più elevata attivazione del Sistema Nervoso Sinaptico, dunque si ha una significativa correlazione tra forza G e FC.
Inoltre, è stato notato un decremento della pressione sanguigna e un aumento della temperatura del timpano, il quale indica un aumento della temperatura corporea.

La forza G è anche causa di disturbi visivi; gli occhi cominciano ad avere problemi di circolazione quando esposti ad una forza pari a 2-3 G.

I piloti sono esposti durante la guida a microambienti caldi generati dal motore della vettura, dall’attività muscolare, dalla poca o non presente aria circolante, dall’abitacolo chiuso e dall’ambiente esterno che li circonda; inoltre indossano una serie di indumenti protettivi, resistenti al fuoco, limitanti la dissipazione di calore come la tuta (costituita da 3 strati di tessuto), la sottoveste, il passamontagna, gli stivali, i guanti e il casco.

Tutto ciò compromette la loro abilità di termoregolazione, crea fastidio, aumenta il consumo energetico e soprattutto costituisce un serio e pericoloso problema; evidenza di ciò si ebbe durante il Gran Premio del 1984 a Dallas, dove il pilota di Formula 1 Nigel Mansell fu colpito da un collasso, così come due anni prima in Brasile Nelson Piquet, pilota di Formula 1, dopo aver vinto la gara svenne sul podio.
Utilizzando un simulatore di guida in un’apposita camera ambientale, Walker ha esaminato l’impatto del calore e del monossido di carbonio sulla performance automobilistica. Con una temperatura ambientale di 50° C e livelli del 10-12% di monossido di carbonio nel sangue. I piloti hanno dimostrato una maggiore e significativa perdita di liquidi ed aumento della temperatura corporea rispetto alla sola esposizione ad ambiente caldo; ne consegue inevitabilmente un effetto negativo sulla performance fisica e mentale dell’atleta.

Ogni campione è assistito ormai dal proprio preparatore atletico e da un fisioterapista: professionisti dedicati al mantenimento costante di una forma perfetta, abbinata ad una giusta alimentazione. Con una serie di attività svolte periodicamente allo scopo di contenere i disturbi mentali, esaminati con l’ausilio di sensori e di risonanze magnetiche.

I piloti di solito eseguono l’allenamento di resistenza al mattino e possono godere di un approccio multidisciplinare, che comprende ciclismo, corsa, il canottaggio, il nuoto o anche lo sci di fondo. Come tutti gli atleti d’Elité, l’intensità e il volume dell’allenamento viene attentamente modificato quotidianamente per ottimizzare il recupero e massimizzare il potenziale atletico.

A cura di
Dott. Gianmaria Celia e Dott.ssa Marta Doria

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