La motivazione è alla base di tutte le discipline sportive, grazie ad essa siamo in grado di migliorare le prestazioni, raggiungere i traguardi prefissati e superare i nostri limiti. La motivazione è quella forza interiore che ci spinge ad agire, compiendo le azioni necessarie per raggiungere un determinato obiettivo, anche quando questo sia difficile da raggiungere. Proprio per la mancanza di motivazione, spesso, gli sportivi non riescono a sostenere lo sforzo e le rinunce dettate dalla preparazione fisica, a superare le sconfitte ed a tenere duro nei momenti difficili e, tutto questo, porta l’atleta all’abbandono dello sport.
Il concetto di motivazione è costituito da 2 componenti:

  • La direzione, è la meta verso cui si dirige l’azione, quindi cosa ci attrae, cosa ricerchiamo, cosa ci stimola (fare sport, vincere, giocare, divertirci, far parte di un gruppo, tenerci in forma);
  • L’intensità, invece, si riferisce a quanto sforzo ed impegno viene utilizzato nell’intraprendere e portare avanti un determinato scopo, azione, comportamento, pensiero.

La motivazione può essere suddivisa in 2 tipologie:


  • Motivazione intrinseca, quando la spinta ad agire deriva da stimoli interni, dal piacere, dal divertimento personale, dalla voglia di mettersi in gioco, di migliorarsi. Le attività motivate intrinsecamente sono autonome e autodeterminate, ed ogni intervento esterno che riduca tale percezione di autonomia, incide negativamente;
  • Motivazione estrinseca, quando si è spinti da incentivi esterni, premi, remunerazioni e dalla possibilità di ricevere lodi ed elogi.

Nella prima tipologia ci troveremo di fronte ad un atleta piuttosto esigente con sé stesso, che non ha bisogno di troppi stimoli da parte dell’allenatore. Ad incentivare la motivazione intrinseca, quindi, è il bisogno di autorealizzazione, con ciò intendendosi quel bisogno di sfidare i propri limiti, di impegnarsi in compiti difficili, di riuscire meglio di altri, di raggiungere l’eccellenza ed il successo. In termini sportivi, potremo definirla più semplicemente competitività o agonismo. Nella motivazione intrinseca parleremo di orientamento al compito o alla competenza: l’atleta è focalizzato nell’apprendimento di nuove abilità o nell’affinamento di quelle già acquisite, al fine di migliorare la sua performance. Verranno ricercate sfide con se stessi sempre più difficili e stimolanti, l’impegno sarà costante e duraturo. Lo sportivo non solo diverrà sempre più capace di eseguire un buon gesto tecnico, ma acquisirà anche il controllo delle sue abilità, la sua competenza generale nell’affrontare allenamenti e gare. Ciò, a sua volta, comporterà un accrescimento dell’autostima, sensazioni di gioia ed orgoglio, che influenzeranno la sua motivazione.
La seconda tipologia caratterizza gli sportivi dipendenti dal giudizio altrui, maggiormente fragili e bisognosi di ottenere conferme del proprio valore dall’esterno. In questo caso, avremo a che fare con un’atleta poco costante sia nell’impegno che nei risultati. Nella motivazione estrinseca ci troveremo di fronte ad un orientamento al risultato: l’atleta si pone l’obiettivo di riuscire meglio degli avversari e di vincere. Per perseguire questo scopo sceglierà degli avversari inferiori a lui, compiti più facilmente eseguibili e risultati più immediati.
Per incrementare la motivazione possiamo utilizzare il “modello target”, che lavora sulla motivazione intrinseca:

  • T-Task (compito): compiti vari, diversificati e significativi per ogni atleta. Assegnare ad ogni soggetto lo stesso compito potrebbe provocare atteggiamenti di sfida e rivalità, l’orientamento si sposterebbe verso la prestazione ed il risultato. Puntare ad assegnare compiti diversi o aspetti diversi di uno stesso compito, rende meno dipendenti dal confronto sociale e più orientati all’acquisizione di competenza personale;
  • A–Authority (autorità): coinvolgimento degli atleti nelle scelte. La scelta deve avvenire tra opzioni equivalenti, non tra un compito facile ed uno difficile. Si può lasciare libera scelta rispetto all’aspetto su cui focalizzarsi;
  • R–Recognition (riconoscimenti): esprimere apprezzamenti ed incoraggiamenti, rinforzare gli atteggiamenti ed i comportamenti positivi. È importante che essi siano espressi in modo realistico e non come pure formalità. Meglio se esternati all’atleta in privato piuttosto che pubblicamente, perché in tal caso potrebbero attivare il confronto sociale mentre, se rivolti al singolo, incrementa i sentimenti di orgoglio e soddisfazione;
  • G–Grouping (gruppi): utilizzare il lavoro di gruppo, favorire la collaborazione e la cooperazione, creando gruppi eterogenei e con criteri flessibili in modo che, a seconda del compito richiesto, i soggetti possano facilmente passare da un gruppo all’altro. Si evita il formarsi di gruppi stabili, che potrebbero competere tra loro;
  • E–Evalutation (valutazione): fornire indicazioni, giudizi e critiche. Le valutazioni devono rispecchiare criteri individuali, personalizzati per ciascun atleta. Tengono conto dei miglioramenti, della partecipazione e dell’impegno. Anche in questo caso, è bene esprimerli in privato piuttosto che di fronte ai compagni;
  • T–Time (tempo): stabilire e considerare tempi diversi, personalizzati per ciascun atleta. Alcuni necessitano di un tempo maggiore di altri per apprendere. Sollecitare una gestione autonoma del tempo e delle attività, piuttosto che aderire a programmi prestabiliti di marcia.

A cura di
Dott. Leonardo Giuseppe Sposato

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