Quanti di voi almeno una volta nella vita sono stati colti da una reazione di sorpresa alla vista di un allenatore, un preparatore o un arbitro donna? Quanti di voi seppur inconsciamente si sono fatti influenzare dal solito pregiudizio e per un attimo hanno pensato che fosse un po’…”strano”? Pensieri che hanno come alibi un contesto che ad eccezione di alcune discipline, è stradominato dalla figura maschile. D’altronde sarebbe come chiedere a un pesce di non restare perplesso di fronte a un suo simile che sopravvive fuori dall’acqua. Peccato che in natura questo fenomeno sia pressoché impossibile, mentre che una donna (in quanto tale) parta da un livello di competenze inferiore a quello di un uomo non sia mai stato dimostrato scientificamente.

Sulla base di questo presupposto un’allenatrice dovrebbe essere pienamente in grado di condurre un atleta o una squadra verso una carriera di alto livello ricca di trionfi. E allora perché su 31 squadre militanti nella Lega Pallavolo femminile solo 5 donne fanno parte dello staff tecnico? La situazione è ancora più disastrosa se volgiamo lo sguardo alla Lega pallavolo maschile, dove su ben 48 squadre la percentuale di quote rosa è pari a zero. A offrirci qualche speranza in più sono i numeri della Lega Basket femminile che su un totale di 42 squadre vanta 9 donne inserite nei vari staff tecnici (ma solo una di queste nel campionato di massimo livello di serie A1). Rimanendo nel campo della pallacanestro, ma spostandoci su un altro continente, contiamo ben 11 allenatrici nell’NBA, ma ahimè tutte assistant coach. Unica gioia ce la regala la lega Nazionale di Football Americana (NFL) in cui la signora Callie Brownson è a capo della squadra maschile dei Cleveland Browns. 


La lista potrebbe proseguire a lungo, ma le conclusioni non farebbero altro che alimentare l’insorgenza di un dubbio ormai inevitabile: la sottorappresentazione femminile nello sport è legata al fatto che effettivamente sono poche le donne che intraprendono questo tipo di carriera oppure esistono realmente delle barriere all’ascesa femminile in ambito sportivo? Mazerolle et al (2015 e 2016) in due studi differenti, hanno individuato tra le cause del fenomeno, il solito stereotipo legato al sesso e la predilezione da parte della figura femminile, per una carriera da “mamma e moglie”. Ciò che colpisce però, è il fatto che le stesse allenatrici (realizzate professionalmente) intervistate nei due lavori, percepiscano la carenza di modelli femminili a cui potersi ispirare, come uno dei fattori all’origine della mancanza di aspirazione verso una posizione da leader in campo sportivo. È come se non avendo una guida, un mentore, la donna involontariamente non consideri neanche lontanamente la possibilità di una carriera da “head coach”. Ciò conferma quanto già sostenuto da Sartore e Cunningham nel 2007, i quali identificano un meccanismo inconscio tale per cui la donna non si percepisce adeguata al ruolo da leader e di conseguenza si autolimita scegliendo un altro tipo di professione (il fenomeno emerge già al momento della scelta del corso di studi universitario). Se così fosse probabilmente solo le donne tenaci e con spiccate qualità di leadership arriverebbero a ricoprire ruoli di prestigio in ambito sportivo, magari dopo aver percorso una strada un po’ più lunga e tortuosa del previsto. 

Il fatto è che indipendentemente dalle cause, solo noi donne abbiamo in mano gli strumenti per dimostrare di possedere le stesse capacità degli uomini.  Questa è la nostra sfida, un po’ come quando ci troviamo di fronte un atleta promettente ma poco motivato: il problema è solo dell’allenatore. Piangerci addosso e nasconderci dietro l’alibi dello stereotipo non aiuterà a cambiare le cose, anzi non farà altro che rafforzarne l’esistenza. Quindi donne, smettiamo di essere le prime vere maschiliste e dimostriamo di meritarci il ruolo a cui aspiriamo. Ci vorrà più tempo, più energia, più passione, più determinazione, ma PROVIAMOCI.

Riferimenti bibliografici 
Mazerolle, S. M., Burton, L., & Cotrufo, R. J. (2015). The experiences of female athletic trainers in the role of the head athletic trainer. Journal of athletic training, 50(1), 71-81.

Mazerolle, S. M., & Eason, C. M. (2016). Barriers to the role of the head athletic trainer for women in National Collegiate Athletic Association Division II and III settings. Journal of Athletic Training, 51(7), 557-565.

Norman, L. (2010). Feeling second best: Elite women coaches’ experiences. Sociology of Sport Journal, 27(1), 89-104.

A cura di 
Dott. Giovanna Porcu

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