È generalmente accertato che la capacità di esercizio aerobico in condizioni di caldo è ridotta, mentre le prestazioni di sprint possono persino essere migliorate. L’impatto della temperatura e dell’umidità ambientale sulle prestazioni di resistenza può essere significativo.
Le maratone hanno tempi più bassi quando le temperature superano gli 11 ° C e molte gare Ironman vengono tenute in condizioni molto calde.

La produzione di calore è direttamente proporzionale all’intensità dell’esercizio, quindi un esercizio fisico estremamente faticoso, anche in un ambiente fresco, può causare un notevole aumento della temperatura corporea.


Gli esseri umani sono approssimativamente efficienti al 20%, il che significa che per ogni 100 Watt che produciamo, produciamo anche 400 Watt di calore. Naturalmente gli atleti che producono 400W producono 1600Watt di calore.
Il corpo ha vari modi per rimuovere questo caldo e la sudorazione è spesso la più importante.

La sudorazione permette ad un atleta di rimuovere il calore, ma può anche provocare la disidratazione, cosa che rende più difficile la regolazione della temperatura corporea. Quando l’ambiente è caldo e umido diventa più difficile rimuovere questo calore attraverso conduzione e convezione e dobbiamo fare affidamento esclusivamente sulla sudorazione.

Un po’ di fisiologia

Almeno il 60% del nostro corpo è composto da acqua che concorre a distribuire le sostanze nutritive e nella quale sono disciolti numerosi sali minerali. L’acqua è fondamentale per la vita delle nostre cellule e ogni fenomeno di disidratazione provoca un decadimento delle funzioni del nostro corpo.

Un altro concetto molto importante è l’omeotermia, cioè il fatto che la nostra temperatura corporea resta compresa fra i 36 ei 37 °C.
Correndo, il corpo aumenta la sudorazione per raffreddarsi e quindi perde acqua. A temperature gradevoli (18 °C) la perdita di acqua può andare da 0,5 L (corsa a velocità moderata) a 1,5 L (gara) per ora. Se la temperatura aumenta, la perdita è maggiore e può arrivare anche a 3 L, se la temperatura supera i 30 °C.

Correre con il caldo: l’adattamento

Spesso i problemi maggiori del correre con il caldo si incontrano nei primi giorni in cui le temperature iniziano a innalzarsi verso l’alto. Molti provano una stanchezza eccessiva e anche quelle tipologie di allenamento che solitamente vengono “digerite” senza particolari problemi diventano molto più difficoltose del solito. Tutto ciò è abbastanza normale. In effetti, il nostro organismo ha bisogno di un certo periodo di adattamento quando il clima subisce brusche variazioni.

Secondo Noakes, occorrono circa 2 settimane per permettere all’organismo di adattarsi all’incremento di temperatura. È per questo che i primi giorni di caldo intenso possono rivelarsi molto pericolosi, in particolar modo per i principianti.

Può quindi essere sensato, nelle prime 2 settimane di caldo, ridurre leggermente l’intensità (non la frequenza) delle sedute di allenamento.

Ma perché le prestazioni diminuiscono con il cado?

I grandi aumenti della temperatura corporea durante l’esercizio fisico non sono probabili in soggetti che corrono a un ritmo più lento (quelli che gestiscono una maratona in 4 o 6 ore), invece sono comuni negli atleti più veloci e altamente motivati ​​(in grado di produrre più potenza e quindi più calore).

Per un po’ si è pensato che quando la temperatura corporea sale a circa 39,5 ° C (103 ° F), si sviluppa la stanchezza centrale (stanchezza nel cervello piuttosto che nei muscoli).
Questo è stato visto come un meccanismo di protezione per prevenire il surriscaldamento. Era una convinzione basata su studi, dove soggetti venivano esercitati ad alte temperature finché non erano esauriti e sembravano fermarsi quando la temperatura raggiungeva i 39,5 ° C (103 ° F).

Tuttavia, è ormai chiaro che una combinazione di fattori multipli e non solo la temperatura interna è responsabile dei decrementi delle prestazioni nel calore. (Nybo et al., 2014)

Ora si è capito che il caldo influisce sulla prestazione ma che l’ipo-idratazione rende le cose peggiori. Se il corpo si riscalda e diventa disidratato in misura significativa, tutte le funzioni fisiologiche sono probabilmente compromesse.

Cardiovascolare

Quando il volume plasmatico diventa disidratato può essere ridotto, mentre i vasi sanguigni si espandono. Ciò rende più difficile mantenere la pressione sanguigna e il flusso sanguigno, mentre la frequenza cardiaca aumenta. Se il sistema cardiovascolare è compromesso questo può influenzare la distribuzione dell’ossigeno e la rimozione dei metaboliti.

Sistema nervoso centrale

Il cervello si riscalda e ci sono un certo numero di cambiamenti, come:

  • L’esaurimento dell’energia;
  • I cambiamenti nei neurotrasmettitori;
  • L’accumulo di ammoniaca;
  • Le citochine.

Che possono alterare la funzione del cervello.

Muscolo

Il calore influenza anche direttamente e indirettamente la funzione muscolare, vi è infatti un accumulo di metaboliti e un aumento del tasso di rottura del glicogeno.

Fattori psicologici

Ultimo ma certamente non meno importante, sono i fattori psicologici. Vi è un aumento del disagio, degli effetti sulla tolleranza al dolore, sull’umore e sulla motivazione, le quali possono influenzare le prestazioni.

Riferimenti Bibliografici
Cheuvront S.N., et al – Mechanisms of Aerobic Performance Impairment With Heat Stress and Dehydration. J Appl Physiol – 1985;

Nybo L., et al – Performance in the Heat-Physiological Factors of Importance for Hyperthermia-Induced Fatigue – 2014;

A cura di
Dott.ssa Marta Doria e Dott. Gianmaria Celia

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